Quel che fai a capodanno lo fai tutto l’anno. Non credo che per noi questo detto sia vero, almeno per quest’anno. Ci siamo svegliati di fronte all’isola di Plaza: mare blu, cielo limpido, aria tesa dagli alisei. A duecento metri dalla Guantanamera giocano sugli scogli le otarie: si vedono benissimo da qui, così come i granchi rossi. Intorno a noi nuotano pesci palla e pesci chirurgo. Dopo colazione sbarchiamo, uno sbarco secco, cioè non ci si bagna i piedi. La puzza delle otarie, simile a pesce andato a male, molto intensa, ci assale. Le otarie sono ovunque. Ci sono molti piccoli: questa è la stagione in cui ne nascono di più. Alcuni sono nati oggi, la placenta è ancora lì intorno, presto un’onda la trascinerà nel mare e verrà mangiata da qualche pesce. Dopo un po’ la puzza non la sentiamo più.
Sugli scogli neri ci sono le nostre amiche iguane di mare. Poco più in là, dove cominciano i cactus, ecco anche le iguane di terra. Quali sono le differenze tra le due specie? Proviamo a scoprirle, Alfred invita i bambini a un piccolo esercizio naturalistico. I bambini hanno delle schede con le caratteristiche da osservare: che cosa mangiano, dove vivono, come sono gli artigli… qui è facile vedere tutto. Proprio in quel momento un’iguana di terra — di colore gialliccio, con il muso allungato e la bocca un po’ sporgente, gli artigli più piccoli — si avvicina a un cactus Opuntia e comincia a mangiarsi le foglie con spine e tutto. I bambini hanno deciso che le iguane di terra sono molto pigre, perché aspettano sotto l’Opuntia fino a che caschi un frutto per mangiarselo. Amrit racconta che: “Quando Darwin è venuto qui, c’erano così tante iguane… erano dappertutto… una folla di iguane! erano troppissime! Che lui non non trovava un posto per montare la tenda e… e ha dormito SOPRA le iguane… non è comodo! Le iguane hanno le punte… e anche per le iguane non era comodo…”
Proseguiamo l’escursione su Plaza. Il paesaggio è fantastico: sulle rocce nere e la terra secca si intrecciano le foglie rosse e grasse di una specie di portulaca. Quando viene la stagione umida, qui è tutto verde e fiorito. Sulla scogliera che si erge a picco sull’oceano, volano leggere e forti delle procellaridi: si fanno portare nel vento senza battere le ali, fino a rasentare le rocce della scogliera, e poi riprendere il largo. In un anfratto delle rocce nidifica un gabbiano notturno dagli occhi rossi.
Ritorniamo verso la nostra barca e la puzza delle otarie ci assale di nuovo. I maschi lanciano le loro grida assurde per delimitare il territorio. Le altre, femmine e piccoli, continuano a fare le loro cose come niente fosse.
Da Plaza andiamo ora a Santa Fè. La traversata di circa due ore mette alla prova molti di noi. Il mare è abbastanza calmo, ma l’onda lunga dell’oceano si fa sempre sentire. Alcuni si ritirano nelle cabine. Altri si addormentano sul ponte o sulle poltrone della sala mensa. Siamo scortati da un gruppo di fregate: le femmine completamente nere, i maschi con la pappagorgia rossa sgargiante che penzola sotto il lungo becco. A un certo punto ci fanno una visita alcuni delfini che nuotano davanti a prua per un po’.
Arriviamo in una tranquilla baia di Santa Fè: l’acqua è limpida, sulle rocce e le spiaggette ci sono molte otarie. Dopo pranzo, Giorgio va con i bambini a misurare la corrente davanti all’isola: si è portato da Napoli un piccolo correntometro, e da oggi in poi misureremo tutti i giorni la velocità della corrente e la posizione con il GPS. Alla fine vedremo che cosa viene fuori.
Tornati dalla spedizione scientifica si va tutti a nuotare. Ma non è una nuotata qualunque: si nuota prima insieme alle otarie… ci sono solo femmine e piccoli e quindi non è pericoloso, ci assicura la nostra guida Victor, ma fanno un po’ paura a tutti: sono così grandi e non osiamo avvicinarci troppo. Ma le tartarughe di mare sono un’altra cosa. Ce ne sono tre, una piccola e due grandissime, sul fondo. Volano nell’acqua lievi e maestose, e viene voglia di imitarle. L’acqua è un po’ fredda, ma nessuno se ne accorge… solo quando usciamo il vento ci fa rabbrividire. Passando vicino agli scogli vediamo la nostra prima sula piediblu, che per accoglierci ci spara verso la barca la sua cacca biancastra… ci è mancato poco che ci colpisse.
Simona Cerrato