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il percorso: Scienza Esperienza

I bambini, le bambine e l’Europa

L’Unione Europea vuole basare il proprio sviluppo, anche economico, sul sapere e sull’innovazione, piuttosto che sui prodotti. Ma per fare questo occorre una rivoluzione nell’educazione scientifica delle nuove generazioni.

Le differenze di genere nelle carriere scientifiche

L’Unione Europea vuole basare il proprio sviluppo, anche economico, sul sapere e sull’innovazione, piuttosto che sui prodotti. Ma per fare questo occorre una rivoluzione nell’educazione scientifica delle nuove generazioni.


Infatti, purtroppo, la preparazione scientifica è in media, in Europa, ancora molto bassa, e troppo pochi sono i ricercatori e gli scienziati, che sono invece il motore di un progresso basato sulle buone idee e le tecnologie intelligenti.


Ma c’è di più, le nuove generazioni sembrano scegliere sempre di meno le carriere scientifiche (troppo difficili? mal insegnate? mal pagate?); e i cittadini in generale sono molto diffidenti verso alcuni sviluppi della ricerca, come le biotecnologie o le nanotecnologie. Diffidenza che non rappresenterebbe di per sé un male. se davvero si realizzasse un dialogo chi è eperto e fa la scienza e chi invece non ne è esperto ma la vive quotidianamente.


Per far fronte a questi problemi l’Unione Europea stimola la nascita e supporta economicamente numerosi progetti in cui istituzioni di diversi paesi si riuniscono per progettare insieme a nuovi modelli di educazione scientifica o di comunicazione della scienza, nelle scuole ma anche nei musei o addirittura nelle piazze (con i Festival, ad esempio); si studiano anche le opinioni dei cittadini sulla scienza, per costruire migliori occasioni di dialogo tra esperti e non esperti.


Citiamo due progetti, tra i tanti in corso.


Il progetto Sedec (Science Education for the Development of European Citizenship) è principalmente dedicato agli insegnanti, e ha lo scopo di produrre materiali didattici che mettano insieme una nuova educazione scientifica e la costruzione della cittadinanza europea. La scienza vive di collabortazioni internazionali, e di rispetto reciproco: quale migliore veicolo di democrazia della scienza? E quale migliore terreno di cultura della scienza della democrazia?

Al progetto lavorano sette paesi (Italia, Francia, Olanda, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania), e il primo passo è stata una ricerca su come i bambini vedono la scienza nei diversi paesi (i partner italiani sono l’IRRE Lombardia, il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano, e il Sissa Medialab di Trieste).


Ai bambini è stato chiesto di disegnare uno scienziato e di rispondere a un questionario nella propria lingua sul lavoro e gli strumenti di un ricercatore. Inoltre si è indagato quali conoscenze abbiano sulla scienza europea (del passato e del presente), e quali interessi e curiosità. Anche gli insegnanti, hanno risposto a un questionario (in inglese), per capire la loro idea di scienza e della dimensione europea della ricerca scientifica.


Sulla base di questa indagine verrano studiate attività didattiche, che saranno presentate agli insegnanti dei paesi coinvolti, ma anche pubblicate sul sito del progetto. Una grande aspettativa sembra emergere nei confronti delle tematiche ambientali; i bambini europei desiderino che la scienza europea si occupi soprattutto della conservazione della natura e di ambiente di vita pulito; ma naturalmente anche della cura delle malattie.


Stelle e dinosauri sono sempre in testa alle loro curiosità, mentre la matematica sembra essere ancora un gorsso ostacolo all’immaginarsi un futuro di scienziato. Su questo, c’è ancora tanto da lavorare.


Un secondo progetto europeo, GAPP (Gender awareness participation process), affronta un altro problema molto scottante: non ci sono ancora pari opportunità tra uomini e donne, nel mondo della scienza.


In parte le ragazze si autoescludono; se alle bambine piace la scienza tanto quanto ai maschietti, le adolescenti iniziano ad allontanarsene, forse anche in mancanza di modelli positivi da seguire: lo scienziato famoso, quello che appare in TV, di cui si parla nei libri e nei giornali è, il più delle volte, un maschio.


Così, arrivati al momento della scelta della carriera, ci sono meno ragazze che ragazzi a scegliere le facoltà scientifiche. Mentre non manca l’interesse femminile nei confronti delle facoltà e delle professioni in ambito biologico e biomedico in genere, nei corsi quali la fisica, l’informatica e l’ingegneria le ragazze continuano a essere molto meno presenti dei ragazzi.

Anche GAPP, coordinato per la parte scientifica dal gruppo di ricerca Ics (Innovazioni nella comunicazione della scienza) della Sissa di Trieste, comincia con un’indagine, questa volta della percezione dei mestieri della scienza presso il pubblico dei giovani delle scuole superiori, i loro genitori e i loro insegnanti.


Parallelamente 10 interviste a opinion leader del settore (scienziati accademici, professionisti nei mestieri della scienza e tecnologia, esperti materiali questioni di genere) stanno esplorando il punto di vista sul problema di chi abita la stanza dei bottoni.


A partire dall’autunno 2007, invece, il progetto si sposterà dall’attività di ricerca a quello della pratica, e si passerà ad azioni pilota che hanno l’obiettivo di avvicinare le ragazze alle carriere scientifiche.


Anche in questo caso saranno pubblicati i risultati, così da renderli disponibili a tutti color che sono interessati a metterli in pratica.


(Federica Manzoli, Ics, Sissa, Trieste

Paola Rodari, Sissa Medialab, Trieste)


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