Una corsa a ostacoli

Se non avessero inventato gli zaini o le valigie a rotelle, questa spedizione sarebbe stata tutta diversa. Avremmo dovuto equipaggiarci alla maniera degli antichi carovanieri e procurarci almeno una mezza dozzina di cammelli. Il passaggio a piedi delle frontiere, con tutti i bagagli che abbiamo, ci mette a dura prova.

Il viaggio da Merv verso il confine, ma sarebbe meglio dire la corsa a ostacoli (la dogana chiude alle 17.30), è stato funestato prima da una gomma bucata ad altezza di ponte su un canale, sotto il quale ci siamo appollaiati per un’ora per proteggerci dalla canicola, e poi, dall’obbligo di attraversare a piedi un lungo ponte galleggiante sull’Amu Darya, malgrado l’animatissimo tentativo di Alan di spiegare a uno zelante controllore che se avessimo perso altro tempo saremmo certamente finiti a dormire per strada. E infatti, ripresi i nostri balzi sull’asfalto, abbiamo capito subito che non ce l’avremmo fatta. Quanto potevamo contare ancora sulle capacità di presuasione di Alan, dopo la sua disfatta sull’Amu Darya? E invece, anche se arriviamo 30 minuti dopo la chiusura, riesce a farci passare. E in quella terra di nessuno che sta tra un border e l’altro, abbiamo preso a trascinare i bagagli ormai fumé, sotto gli occhi divertiti di una sfilza di camionisti rassegnati, giunti anch’essi in ritardo, che grigliavano tocchi di carne e verdure praticamente sul motore, sciacquando i piatti con l’acqua di un bidoncino sotto al rimorchio. Avrebbero trascorso la notte per terra, accanto al camion, stesi su un tappetino. Ma erano tranquilli e serafici, muniti ciascuno di un loculo-dispensa, aperta sull’esterno. Se avessimo dovuto dormire anche noi all’addiaccio, avrebbero certamente diviso tutto con noi, pensiamo. Ma in quel momento non sapevamo che poteva ancora succedere.

Accelerato il passo, Paolo raggiunge il confine uzbeko prima degli altri, e cosa scopre? Che il passaggio è off limits. Che siamo fuori tempo massimo anche per gli uzbeki che, sbarrando le braccia, ci dicono: “Chiuso! Domani! Voi dormite qui!”. Senza perdersi d’animo, però, Paolo riesce miracolosamente a convincerli additando la pietosa fila di noi che avanziamo ormai da quasi un chilometro, ricurvi come muli da soma. Ancora, però, non vediamo la fine: all’orizzonte, nessun pulman che ci aspetta, solo altri camion in fila.

E poi, dopo l’ennesimo controllo dei passaporti e la misurazione della febbre, ci piazzano sotto al naso moduli incomprensibili da restituire in duplice copia… Una donna sfinita cerca di passare, piange, impreca. È arrivata in ritardo anche lei, ma passerà la notte accucciata sul marciapiede… Allora mi tornano in mente il Desero dei Tartari e gli ultimi due estenuanti passaggi di dogana: il tunnel di plexigas in cui siamo stati ingabbiati e cotti al vapore lentamente durante il lungo passaggio a piedi dalla meravigliosa Georgia all’accogliente Azerbaijan; la sadica e immotivata attesa notturna alla dogana dell’aeroporto di Asghabat; le procedure fini a se stesse; il comico, incomprensibile e spietato sistema che vige ai confini (non solo questi, naturalmente).

Finalmente, sentiamo una voce femminile che parla italiano. È Dilbar, la nostra guida uzbeka che ci viene incontro. Il pallone che portiamo appresso dall’inizio ci tira le fuori le ultime forze per lanciare due tiri con i doganieri. Solo allora, ci rendiamo conto che nelle ultime due ore non abbiamo avuto lo spirito di scattare neanche una foto. Certo, alle dogane è proibito; ma se ci fosse rimasto solo uno sprazzo di fantasia, nella terra di nessuno ci avremmo tentato.

Daniela Rocco

Il confine tra Turkmenistan e Uzbekistan

C’è una voce su Wikipedia su questo argomento. Il problema dei confini tra questi due paesi è stato motivo di tensioni per molto tempo. Nel 2001 il presidente del Turkmenistan Saparmurat Niyazorov ordinò di finire la costruzione di una barriera lunga 1700 chilometri per separare il Turkmenistan dal Kazakistan e dall’Uzbekistan, e prevenire così il contrabbandoo e l’immigrazione illegale. Nel 2004 una dichiarazione ufficiale informava che il problema dei confini era stato risolto… evidentemente non completamente viste le avventure dei nostri viaggiatori.

Simona Cerrato

1 commento

luigi gasparini17/8/2010 alle 15:55

Paolo Gasparini sapeva tutto.Non è cambiato niente in merito di passaggi doganali.Lo sapevate e quindi dovevate affrontare tutto con la dovuta pazienza.Speriamo che vada meglio nei prossimi attraversam enti doganali.
Buon viaggio
Luigi Gasparini

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