Tajikistan

Superficie: 143.100 kmq
Popolazione: 7.063.800 abitanti (stima 2007)
Capitale: Dushanbe
Città principali: Choruǧ, Murghab, Garm, Külob, Panjakent, Chujand, Qurǧonteppa, Hisor
Gruppi etnici: tajiki (64,9%) , uzbeki ( 25,9%), russi (3,5%), altri (5,7%)
Lingua: tajiko (ufficiale), russo
Religione: musulmani sunniti (80%), musulmani sciiti (5,1%), ortodossi (1,4%), non religiosi o atei (13,5%)
Ordinamento dello stato: Repubblica presidenziale
PIL pro capite: 578 $ USA (2007)
Settori/prodotti principali: alluminio, zinco, piombo, prodotti chimici e fertilizzanti, cemento, olio vegetale, macchine per il taglio dei metalli, frigoriferi e congelatori, cotone, prodotti tessili, cereali, frutta, uva, ortaggi, bovini, ovini
Utenti internet: 3 ogni 1000 abitanti (2007)
Indice di sviluppo umano: 0,688 su una scala da 0,300 a 1,000 (2007)

Il Tajikistan, la più piccola delle repubbliche dell’Asia centrale, confina a sud con l’Afghanistan, ad est con la Cina, a nord con Kirghizistan e Uzbekistan e ad ovest ancora con l’Uzbekistan.
Il suo territorio, racchiuso tra il fiume Syrdarja e la valle di Fergana a nord, la catena del Pamir a sud, il lago di Karakul e il corso superiore del Murgab a est e le valli di Vakhsh e Guissar a sud-ovest, è prevalentemente montuoso.
La parte centrale del paese accoglie le propaggini meridionali della catena del Tian Shan mentre nella regione sudorientale si ergono le vette del Pamir. Qui si trovano le cime più alte dell’Asia centrale: il Pik Lenina (7134 m) e il Pik Kommunizma (7495 m).

Un po’ di storia
Le origini dei tajiki sono ancora incerte, ma sembra possibile farle risalire ai popoli della Battriana e della Sogdiana.
Nel VI secolo a.C. questi territori vennero conquistati prima dagli Achemenidi, poi da Alessandro Magno, quindi dai Parti nel 250 a.C. e dall’Impero sasanide nel III secolo.
Successivamente, furono gli arabi a prendere il controllo dell’intera zona, facendola diventare una delle province orientali del califfato.
Dal 1700 il Tajikistan venne diviso nei Khanati di Bukhara e di Kokand per poi passare sotto il dominio zarista a metà del XIX secolo.
In seguito alla rivoluzione russa del 1917 il Tajikistan divenne una delle repubbliche socialiste sovietiche, riconosciuta però dal potere sovietico solo nel 1929 a causa della strenua resistenza perpetrata dai guerriglieri islamici.
La politica coloniale russa decise di separare il Tajikistan da Bukhara e Samarcanda, le storiche capitali della cultura iranica nell’Asia Centrale, includendole definitivamente nell’Uzbekistan; contemporaneamente le autorità sovietiche scelsero di elevare un modesto villaggio, Dušanbe (lunedì), a capitale dello Stato.
Quando nel 1991 l’Unione Sovietica si disintegrò il Tajikistan proclamò l’indipendenza scivolando però rapidamente in una guerra civile che vedeva contrapposti il partito islamico e quello democratico.
Nel giugno del 1997 il presidente Imomali Rakhmonov e il capo dell’opposizione islamica Sayid Abdullo Nuri firmarono un accordo di pace, ma la situazione rimane ancora molto tesa.
Nel 2000 il Paese ha accettato l’insediamento di una base militare russa e di un contingente di 25000 uomini al fine di rafforzare la sicurezza nazionale.
Nel 2003 un referendum ha confermato il consenso al governo del presidente Rakhmanov.

Curiosità ed enogastronomia
In Tajikistan l’Islam ha esercitato una forza politica più intensa rispetto alle altre repubbliche dell’Asia centrale, ma lo stile di vita rurale e seminomade che caratterizza da sempre la popolazione locale non ha permesso l’instaurazione di un forte potere religioso centrale.
Il regime sovietico svolse un ruolo fondamentale nella creazione di un nuovo background artistico dopo la separazione forzata dall’Uzbekistan (1929) introducendo il teatro moderno, l’opera e il balletto.
Attualmente, il Paese sta portando avanti un movimento di rinascita culturale nel tentativo di rafforzare la propria identità nazionale.

Molti fra i tajiki più anziani continuano ad indossare le caratteristiche lunghe giacche trapunte, stivali alti fino al ginocchio e cappelli ricamati. Le donne sono solite portare pantaloni a righe coperti da lunghi abiti dai colori accesi intessuti con fili d’oro e abbinati a fazzoletti dello stesso colore.

La cucina tajika risente della crisi economica dovuta alla guerra civile: la carne viene spesso sostituita da alimenti di origine vegetale come la zuppa di ceci o di fagioli e altri cibi più poveri.

La bandiera
Il rosso indica il sole, la vittoria e l’unità della nazione; il bianco rappresenta la purezza, la coltivazione del cotone e la neve delle montagne mentre il verde è il colore dell’Islam e della natura.
La corona raffigura il popolo tajiko; le sette stelle che la sormontano richiamano il numero sette che, nella tradizione tajika, è un simbolo di perfezione ed espressione del sentimento della felicità.

Riferimenti Bibliografici
– Istituto Geografico De Agostini, 2008, Calendario Atlante De Agostini 2009, Novara
Lonely Planet
The World Factbook – CIA
Human Development Report 2009