25 ottobre 2010: i risultati a Terra Madre 2010

Abitudini e culture alimentari influenzate dai geni

La stretta relazione tra genetica e gusto confermata dai primi dati del progetto MarcoPolo2010 presentati ieri in una conferenza pubblica a Terra Madre a Torino

Perché in certe aree del mondo si privilegiano certi cibi e certi sapori, mentre altrove le preferenze sono completamente diverse? Dipende dalla disponibilità di certi ingredienti e dalle produzioni alimentari locali o è la produzione di quegli ingredienti e alimenti a essere condizionata dal gusto, cioè dalle capacità percettive degli abitanti di una certa area? E quanto di queste capacità dipende dall’abitudine o dalla cultura e quanto da certe caratteristiche del patrimonio genetico?

Per rispondere a queste domande i genetisti del Progetto MarcoPolo2010 stanno lavorando all’analisi dei dati nel Laboratorio di Genetica Medica dell’Ospedale Burlo Garofolo e del Consorzio di Biomedicina Molecolare di Trieste. I primi dati sono stati presentati in una conferenza pubblica ieri a Torino a Terra Madre, il meeting organizzato ogni due anni da Slow Food.

“Le prime elaborazioni – spiega Paolo Gasparini, responsabile scientifico del progetto – confermano le nostre sensazioni sul campo: dall’Azerbaijan in poi, si riscontra una percentuale molto alta di persone che risultano supertaster al test dell’amaro, ovvero che percepiscono il gusto amaro in maniera molto forte. Questo tipo di test riguarda i geni coinvolti nel gusto, dai quali dipendono le nostre preferenze alimentari. Nel Pamir, per esempio, abbiamo registrato una percentuale di supertaster del 37%, altissima se si considera che il dato medio registrato in Europa si aggira tra il 7% ed il 15%. Questo potrebbe spiegare perché quelle popolazioni prediligano una cucina in cui sono dominanti i sapori dolci”.

Nel dettaglio, i supertaster tra i soggetti campionati sono risultati così distribuiti: 10% in Georgia; 13% in Azerbaijan; 18% in Uzbekistan; 17% in Kazakistan, e 31% in Tajikistan ad indicare un chiaro gradiente da ovest ad est. I dati del Turkmenistan sono in fase di elaborazione. In Cina non sono stati effettuati campionamenti. Similarmente anche per alcune preferenze alimentari esiste un gradiente ovest-est, come, ad esempio, per l’orzo, non particolarmente amato in Georgia e Azerbajan, indifferente in Centro Asia e invece apprezzato molto in Tajikistan.

“Per quanto riguarda l’amaro – evidenzia ancora il responsabile del progetto – nei cibi ci sono vari composti che ne stimolano la percezione. A partire dagli anni trenta del secolo scorso, diversi studi hanno dimostrato che l’incapacità di percepire l’amaro varia da popolazione a popolazione da un minimo del 3% nell’Africa occidentale a oltre il 40% in India. I più sensibili all’amaro non prediligono i cibi come le crucifere, ricchi in tiouree come i cavoli, i broccoli, i cavoletti di Bruxelles, le rape, quelli contenenti caffeina, chinino, isoumuloni (amaro della birra) e naringina (pompelmi). Sono inoltre più sensibili alla percezione del piccante e del grasso.  Oggi sappiamo che altri geni sono coinvolti, oltre che nell’amaro, nelle scelte dei vari cibi e che l’olfatto, così come la vista e l’udito, giocano un ruolo importante nella scelta e nell’appetibilità di un cibo”.

Spiega a sua volta Paolo Di Croce, segretario generale della Fondazione Terra Madre: “Come Terra Madre, ci siamo concentrati sulla parte riguardante l’educazione sensoriale, tema per noi centrale. In collaborazione con Marco Polo 2010 abbiamo organizzato anche tre incontri nazionali lungo il percorso, in Azerbaijan, Georgia e Kazakhstan, che hanno riunito per la prima volta accademici, contadini, giornalisti, studenti e cuochi in questi Paesi. Attraverso il suo passaggio, la spedizione ha messo simbolicamente insieme i nodi della rete Terra Madre e catalizzato lo sviluppo delle reti Slow Food nazionali. I risultati della ricerca saranno interessanti per noi: capire come la memoria culturale influisce, attraverso un’evoluzione millenaria, sul cibo prodotto e consumato oggi, passando dalla genetica, contribuisce alla consapevolezza e all’orgoglio per i saperi e i sapori, minacciati dalla grande distribuzione agro-alimentare”.

Il Progetto MarcoPolo2010

Circa 14.000 i km percorsi e oltre 700 campioni raccolti per studiare la genetica delle popolazioni e del gusto. La spedizione MarcoPolo2010 si è conclusa il 12 settembre scorso con il rientro a Trieste, punto di partenza di un viaggio che ha portato un team scientifico di genetisti ad attraversare Georgia, Azerbaijan, Turkmenistan, Uzbekistan, Tajikistan, Kazakhstan e Cina, fino a Shanghai.

Il progetto è stato ideato e realizzato dall’IRCCS Burlo Garofolo, da Sissa Medialab e dalla Fondazione Terra Madre, in collaborazione con Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, AREA Science Park, Dipartimento di Scienze della Riproduzione e dello Sviluppo dell’Università di Trieste.

Sul sito www.marcopolo2010.it sono disponibili il diario di viaggio, foto e video.

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